Mercoledì 11 settembre
Ciao Amici di freeridespirit.com e capital.it!
Prima di partire per il C1, da dove riuscirò a mandarvi solo sms, vi spedisco alcune riflessioni su ciò che mi circonda, considerazioni che la mia mente ha partorito nella oziosa giornata di ieri.
Oggi cercherò di spiegarvi come funziona la logistica è l'organizzazione di una spedizione. Tanto per cominciare cominciamo con il dividere le spedizioni cosiddette "commerciali" dalle altre. Liquiderò in fretta l'argomento, non ho voglia di alimentare una polemica inutile, perché da un certo punto di vista tutte le spedizioni sono commerciali. Se io compro un servizio da una agenzia, in qualche modo sono coinvolto in uno scambio commerciale. Cioè io ti pago e tu mi dai un servizio, ad esempio il disbrigo delle formalità doganali, l'acquisto per mio conto del permesso di scalata, il trasporto, il cibo al campo base. Questo è quello che normalmente succede più o meno a tutte le spedizioni del mondo, servizio più servizio meno. Quindi le spedizioni non commerciali, nell'anno 2002 non esistono. Tutt'altra cosa però è comprare un pacchetto tutto compreso "full service tu the summit", dove una compagnia si preoccupa di fornire ai propri clienti, un servizio completo che comprende l'allestimento ed il rifornimento dei campi base, l'ossigeno, il cibo per i campi alti, insomma tutto quello che serve ( o servirebbe...) per arrivare in punta a una montagna di 8000 metri.
Più qualcosa di speciale, come la doccia al campo base avanzato, la musica a palla fino a mezzanotte, perchè tanto c'è il generatore, birra a volontà, un numero di assistenti alla scalata spropositato per una persona normale. Il tutto per la modica cifra di più o meno 20.000 dollari. Ora ciascuno è libero di fare ciò che vuole e soprattutto di spendere come preferisce i propri soldi, e forse anche io non dovrei parlare perchè tutto sommato, in qualche modo, faccio parte di questo meccanismo. Certo è che se io impiego due ore e mezza per andare al campo uno ed un altro alpinista da 20.000$ ne impiega otto o nove, con tutto il rispetto necessario per la libertà altrui, è legittimo domandarsi se forse qualcosa che non va c'è... Credo che se fosse vietato utilizzare l'ossigeno per scalare una montagna, in questo campo base ed in tutti gli altri del mondo ci sarebbero 1/4 degli alpinisti. E quindi 1/4 di rifiuti, 1/4 di incidenti, 1/4 di business, 1/4 di ipocrisia, 1/4 di tutto. E a me, francamente, non credo dispiacerebbe. Tornando a bomba, come si dice, vi parlerò della mia spedizione. Del mio gruppo fanno parte altri 7 alpinisti, con i quali divido i costi di acquisto del permesso di scalata e di servizio al campo base. Curiosamente, io risulto essere il capospedizione, ma in realtà noi non siamo un gruppo. Al campo base mangiamo allo stesso tavolo, ma ciascuno di noi gestisce in modo autonomo i tempi e la tecnica di scalata al Cho Oyu. Scherzi della burocrazia.
Comunque, per concludere vi farò una breve carrellata sui miei compagni, ne vale la pena:
Marco "Zaffa" Zaffaroni, il mio vero compagno di salita. Le informazioni che loi riguardano le trovate su freeridespirit.com. Per descrivere il suo carattere in tre parole: generoso, caparbio, e da morire dal ridere quando comincia a parlare ai giapponesi in dialetto Milanese.
Jan "Gennaro" Scanlan, canadese ex pilota di aerei in congedo illimitato. A quanto mi è dato capire miliardario ed eccentrico giramondo, usa l'aereo come io lo spazolino da denti. Ha una fidanzata brasiliana di 16 anni, se a voi sembra normale... Comunque è simpatico.
Franz Waldner, austriaco alla sua seconda esperienza sulla montagna. E' medico, ha 52 anni. Ed una gran fretta di andare a casa, gli yak lo verranno a riprendere il 24 agosto. Sta forzando i tempi in una maniera impressionante, ma credo che l'ultima strapazzata verso il C1 lo terrà calmo per un po'. E' esattamente come potete immaginare un medico austriaco: rigoroso, deciso, indiscutibile.
Tamoy "Tamoil" Shigeo, taxista di Tokio mosso da una passione sconfinata. E' il più preparato della pattuglia giapponese, e l'unico in grado di dire qualche parola in inglese. Se gli chiedete come va, la sua risposta è al 99% "medium".
Ed ora il fantastico NO WORK TEAM
Hachiya "Haci" Kazuiko, poche parole in inglese lette su un vocabolario giapponese-inglese-italiano. La sua specialità è sorprendervi con delle parolacce in italiano. Quando le legge dal suo libretto, è con una gioia immensa che le urla nel bel mezzo della cena mentre si parla di tutt'altro. Se gli chiedete che lavoro fai, la risposta è niente.
Thoshikatsu "Toshi" Horinaga, impossibile comunicare, non sa una parola di inglese. L'unica parola che ha imparato a dire è "head hache", mal di testa. La ripete all'infinito quando, mentre lo vedete aggirarsi come uno zombi per il campo base, gli chiedete come va. Anche lui, di professione, non fa niente. mah...
Hiroko Fukumura, l'unica donna del gruppo. Se la vedete aggirarsi verso il C1, il dubbio di rivederla ancora vi assalirà. Il suo passo è così lento e ciondolante che quando la vedete partire con uno zaino più alto di lei vi chiederete se forse non siete voi ad essere delle mezze calzette. Eppure per ora, magari ad orari impossibili, è sempre tornata alla base. Dimenticavo, anche lei non lavora.
Fuori dalla nostra tenda mensa abbiamo piazzato una striscia di nastro americano su cui abbiamo scritto "No Work Team". A quanto pare, andare a lavorare fuori dall'Europa non serve.
A presto
Emilio
|